Con l’inizio della pandemia di COVID-19, non si sapeva molto del SARS-CoV-2 (il coronavirus) e della sua sopravvivenza nel cibo, sui vari materiali e sulle superfici. Da allora, diverse agenzie per la sicurezza alimentare hanno valutato il rischio di potenziale acquisizione del virus da alimenti o imballaggi alimentari contaminati e il risultato di questi studi è che attualmente non ci sono prove che sia un rischio per la sicurezza alimentare.
Le attuali evidenze suggeriscono che il SARS-CoV-2 si diffonde da persona a persona in modo diretto e in modo indiretto (attraverso oggetti o superfici contaminati), per contatto stretto con persone infette attraverso secrezioni della bocca e del naso (saliva, secrezioni respiratorie o goccioline droplet). Pertanto, non è considerato un virus di origine alimentare.
Esaminando l’attuale letteratura scientifica, finora prodotta, su sicurezza del cibo e SARS- CoV-2, e nello specifico sopravvivenza del virus, trasmissibilità, inattivazione nel cibo e presenza sulle superfici di lavorazione, si è appurato che non sussistono evidenze legate al virus per quanto riguarda la sicurezza degli alimenti.
Contaminazione del cibo.
La contaminazione del cibo può avvenire in diversi modi, e uno dei più frequenti è la contaminazione oro-fecale.
Questo tipo di contaminazione avviene quando il patogeno passa dalle feci di un soggetto malato all’apparato digerente di un individuo sano, generalmente attraverso il consumo di acqua e/o cibo contaminato.
Anche per il SARS-CoV-2 ci si è posti la domanda se il virus potesse essere trasmesso utilizzando questa via, dopo che era stato rinvenuto materiale genetico virale nelle feci e nel sangue di soggetti ammalati di COVID-19.
Tuttavia, ad oggi non ci sono evidenze che dimostrino la trasmissione oro fecale del virus e, inoltre, diversi studi hanno concluso che la diarrea nei pazienti COVID-19 (uno dei sintomi) non è probabile che si verifichi a causa dell’ingestione di cibo contaminato, ma piuttosto, provenga da esposizione al virus delle prime vie respiratorie e si diffonda al tratto digerente.
Sopravvivenza del SARS-CoV-2
In generale i virus tendono a sopravvivere bene alle basse temperature e il congelamento può effettivamente preservarli, quindi è probabile che SARS-CoV-2 sopravviva a questa tipologia di trattamento del cibo (conservazione a 4-10° C e congelamento o surgelazione).
Altri studi ancora hanno dimostrato, invece, che questo virus e altri simili vengono inattivati alle normali temperature di cottura, ed indicato che il SARS-CoV-2 sembra essere stabile a diversi valori di pH (3-10) a temperatura ambiente, mentre condizioni più alcaline e più acide oltre questo intervallo sembrano inattivare il virus. Ciò significa che è improbabile che sopravviva all’ambiente acido dello stomaco.
È anche probabile che il virus nel cibo abbia basse concentrazioni, ed è importante sottolineare che il coronavirus, come altri virus, non può moltiplicarsi al di fuori dei loro ospiti, e, pertanto, non può moltiplicarsi nel cibo.
E’ comunque noto che i virus che causano infezioni respiratorie possono essere trasmessi per contatto indiretto attraverso l’ambiente; ciò accade quando una persona tocca superfici contaminate e poi porta le mani alla bocca, al naso o agli occhi, senza prima effettuare un corretto lavaggio delle stesse.
Diversi studi sperimentali sulla sopravvivenza del coronavirus su diversi tipi di superfici in diverse condizioni hanno evidenziato che il virus sopravvive su diverse tipologie di superfici (plastiche-metalliche, etc.) per periodi di tempo che variano in ragione delle condizioni ambientali e della carica virale iniziale.
Tuttavia si tratta di studi condotti in condizioni di laboratorio che potrebbero portare a dati diversi di sopravvivenza del virus se inseriti in un contesto più realistico.
Pertanto, è opinione diffusa che la diffusione del SARS-CoV-2 non avvenga per mezzo dal cibo ed è altamente improbabile che venga trasmesso dal materiale di confezionamento degli alimenti. Verosimilmente, però, potrebbe diffondersi attraverso il contatto con superfici contaminate e successivamente toccando, senza adeguata pulizia personale, la bocca, il naso o gli occhi.
E’ quindi molto importante pulire e disinfettare adeguatamente le superfici a contatto con gli alimenti e in particolare le superfici e gli utensili in un ambiente alimentare.
SARS-CoV-2 e igiene
SARS-CoV-2 appartiene alla famiglia dei coronavirus, e come tutti i virus è dotato di un involucro proteico esterno (capside), sensibile ai detergenti e ad una varietà di altri microbicidi, ancor più di funghi, batteri vegetativi e lieviti.
In letteratura scientifica vi sono studi che hanno dimostrato che lo strato proteico di cui è costituito il capside virale viene denaturato portando all’inattivazione del virus quando si utilizza ipoclorito di sodio allo 0,1% (candeggina domestica diluita), perossido di idrogeno allo 0,5% e etanolo nel range 62% al 71%. Tutte queste soluzioni riducono significativamente la presenza di SARS-CoV-2 sulle superfici, dopo un minuto di esposizione.
L’industria agro-alimentare, quindi tutta la filiera nel suo insieme – dal campo all’esercizio di vicinato e alla GDO passando per le industrie di trasformazione, durante questo periodo di pandemia – ha la responsabilità primaria di garantire che gli alimenti che produce siano sicuri, quindi dovrebbe
a) adottare e attuare programmi di gestione della sicurezza alimentare efficaci, tra cui Analisi dei rischi e Punti critici di controllo,
b) rafforzare tutto quello che è inerente alle procedure igieniche, come la formazione continua del personale,
c) adottare e attuare misure di salute pubblica, inclusi programmi di tamponi per i propri dipendenti, distanza interpersonale sui luoghi di lavoro, uso corretto dei dispositivi di protezione individuale (ad esempio, mascherine, guanti, ecc.), cartellonistica precauzionale esposta al pubblico, non consentire ai lavoratori infetti di accedere ai luoghi di lavoro.
SARS-CoV-2 e HACCP
Sempre più spesso nel settore alimentare si è sentito parlare di H.A.C.C.P. (acronimo inglese per Hazard Analysis and Critical Control Points che in italiano potremmo tradurre con Sistema di analisi dei pericoli e punti di controllo critico). Tale sistema fa chiaramente riferimento alle buone prassi da seguire per l’analisi dei rischi e il controllo dei punti critici, anche in termini di formazione per il personale impiegato nel settore.
Diventa fondamentale in questo periodo la predisposizione di un manuale operativo Covid-19 ed una formazione adeguata per il personale OSA e gli addetti HACCP, che tenga in considerazione i nuovi protocolli preventivi, i nuovi rischi e le nuove regole legate al periodo di emergenza. E’ giusto dunque conoscere ed applicare le corrette prassi igieniche per limitare al minimo il rischio diffusione del virus.
In conclusione, il rischio maggiore correlato al COVID-19 rimane la trasmissione da persona a persona e il trasferimento per aerosol nell’ambiente alimentare come ad esempio i luoghi di produzione, la vendita al dettaglio e la ristorazione. Anche se la scoperta del SARS-CoV-2 sugli alimenti o sugli imballaggi alimentari può sollevare preoccupazioni sulla sicurezza alimentare, questo non indica un rischio per la salute pubblica, pertanto non dovrebbe essere un motivo per limitare il commercio alimentare o avviare un richiamo di alimenti. Pensare alla catena di approvvigionamento alimentare in modo connesso – integrando salute, sicurezza alimentare e sostenibilità – sarà una parte importante del controllo di eventuali future pandemie.
Resta inteso comunque che tutti dobbiamo, finchè le autorità lo ritengono necessario, seguire le prescrizioni emesse dall’OMS e dall’ISS in merito all’utilizzo di DPI, come mascherine e guanti ed alle procedure di sanificazione degli stabilimenti e di igiene personale, sia da parte degli operatori del settore agroalimentare che dei consumatori, sia a livello di esercizi commerciali, che nella ristorazione.
Dottor Luciano Santin
Tecnologo alimentare